venerdì 4 marzo 2022

Welcome back (to 2002), Avril!

Si può essere adolescenti a quasi 40 anni? Nel caso di Avril Lavigne si può e si deve (e non parlo dell’aspetto fisico, nonostante in effetti dimostri ancora 17 anni)!

Facciamo una premessa: Avril è una delle mie debolezze musicali da sempre, l'ho amata fin dal primo album. Inoltre - e lo dico senza tema di smentita - dal punto di vista delle linee vocali è una songwriter molto sottovalutata, di gran lunga migliore di quanto si creda in giro.

Il fatto però è che quando ha provato a fare dei dischi (apparentemente) più maturi, come ad esempio “Goodbye Lullaby”, che è quasi (molto quasi, per la verità) sperimentale in alcuni momenti, o ancora il penultimo “Head Above Water”, un disco intimista di un pop cantautorale con tinte Christian Rock (il che è anche comprensibile, visto che veniva da 2 anni di malattia di lyme che l'ha quasi uccisa), beh, quando prova a fare queste cose Avril diventa una delle tante, perde la sua unicità.

Ma quando invece, come in quest'ultimo album, decide di tornare nel suo ambiente, quello di un punk-pop-rock un po' plasticoso, totalmente adolescenziale e con qualche tinta emo (e che ovviamente a me piace un sacco), allora diventa la regina indiscussa. Indiscussa.

Questo “Love Sux” è un album incredibilmente tirato, praticamente senza ballad (ce n’è giusto una), una decina di pezzi sparatissimi, tutti assolutamente patinati ma punk-pop-rock fino al midollo. Vi catapulterà direttamente nel 2002. Ed è giusto così.

Bentornata, Avril!



giovedì 13 maggio 2021

Let it Play!

Alcuni tra voi sapranno che moooolti anni fa (diciamo a metà anni 2000) sono stato il cantante di una rock band. Per la precisione di una Glam Rock band. Anzi, per la precisione massima, per quel vizio che abbiamo di etichettare tutto quanto, di una band Hair Metal. Fu fondata un po' di anni prima che io ne diventassi il cantante, e ha continuato molti anni dopo che io smisi di esserlo. A proposito, sono un'ottima band, hanno virato verso sonorità più dark e meritano di essere ascoltati, quindi correte a seguirli, sono i Poisonheart!

Tutto questo per dire che quel genere, l'Hair Metal, a un certo punto è entrato nella mia vita e non ne è più uscito. Per un periodo mi ha proprio travolto, tanto che in quegli anni ero andato a cercare tutte le band appartenenti alla categoria (rigorosamente anni '80): i più noti sono certamente i Mötley Crüe, e poi Steelheart, Cinderella, Pretty Boy Floyd, Dangerous Toys, Alleycat Scratch, Danger Danger, Slaughter, Ratt, Warrant, Quiet Riot, Skid Row, Firehouse, Faster Pussycat, Love/Hate, Tuff e molti altri ancora. Alcuni di questi gruppi esistono ancora, altri sono stati spazzati via dal Grunge degli anni '90, altri ancora si sono riciclati in altri generi, perdendo pezzi, cambiando componenti, e via dicendo.

Ma in tutto questo c'è una band, una sola, che per me rappresenta quel mondo e quel genere come nessun'altra: i Poison. So che i puristi non saranno d'accordo con me: meglio i Mötley, sicuramente più tecnici gli Slaughter, più interessanti gli Skid Row, e via discorrendo. Sì, sì, d'accordo. Effettivamente Rikki Rockett (il batterista) non è niente di particolare, Bobby Dall è un bassista pressoché ininfluente e C.C. DeVille, con il suo caratteraccio e i problemi di alcool e droghe, ha probabilmente gettato alle ortiche un talento che poteva portarlo molto più in alto di dov'è arrivato. E il cantante, il personaggio più carismatico? Beh... Bret Michaels è indubbiamente istrionico, ma diciamo che la tecnica vocale non è propriamente il suo forte (anche se, a onor del vero, dobbiamo dire che è un autore assolutamente sottovalutato).

Però... nonostante tutte le lacune tecniche, non c'è una band che abbia incarnato lo spirito dell'Hair Metal più dei Poison. Ma ascoltatevi Look What The Cat Dragged In: non c'è nulla di più Hair Metal di questo pezzo. Nulla. Puro divertimento e pura (auto)distruzione. Oppure prendete Nothin' But A Good Time: la sentite quell'atmosfera di festa e di disfacimento contemporaneamente? Ma i Poison sono molto più di questo, basti prendere quello che è il loro disco migliore, "Flesh & Blood". Lasciatevi trasportare da Unskinny Bop, girovagate nella Valle delle Anime Perse (Valley of Lost Souls) oppure correte direttamente a quelli che secondo me sono i due brani più belli dell'album, la (disperata) ballad Something To Believe In (guardatevi anche il video) e la strepitosa Life Loves a Tragedy. Non ve ne pentirete, credetemi.

Look assurdo, provocatorio, esagerato, glitterato, cotonato: erano gli anni '80, bellezza. Ma nei Poison c'è di più, c'è molto di più. E' musica che parla (in modo più o meno esplicito) di libertà, di rifiuto delle convenzioni, di voglia di divertimento, perfino di fede, in qualche punto. Testi profondi? No. Testi edificanti? No. Testi che funzionano alla grande insieme alla loro musica? Sì, eccome se funzionano. E la cosa bella è che funzionano quasi solo se li canta Bret Michaels e se li suonano C.C. DeVille, Bobby Dall e Rikki Rockett. Se li suonano i Poison.

E allora, per citarli un'ultima volta:

"But when I hear the music
All my troubles just fade away
When I hear the music
Let it play, let it play
When I hear the music
Sure as darkness I can see the day
When I hear the music
Let it play
Let it play!"

(Let it Play - Poison)



martedì 30 marzo 2021

De Gregori Sotto il Vulcano

Come forse saprete, De Gregori è uno degli artisti a me più cari; molto prima di scoprire il rock e il metal, da bambino il mio mondo musicale girava intorno ai cantautori (Bennato, Dalla, qualcosa di Baglioni). De Gregori però era qualcosa di più: già allora (inconsciamente) avevo capito che la sua voce inconfondibile e le sue canzoni mi avrebbero accompagnato per il resto della mia vita. E così è stato, almeno finora: accanto ai miei ascolti più hard & heavy, il Principe c'è sempre stato, non l'ho mai abbandonato, ho atteso con gioia ogni suo album di inediti (spesso facendoli girare in loop per giorni e giorni).

Per qualche strano motivo, però, ho sempre snobbato i suoi dischi live. Non chiedetemi perché, non lo so nemmeno io. Oggi invece mi è capitato di ascoltare "Sotto il Vulcano", album dal vivo del 2016. 

Signori, io ve lo dico: fatelo vostro. Ascoltatelo. Correte a prenderlo. Anche se non siete fan di De Gregori. E' un disco di una bellezza sconvolgente, già solo l'intro di chitarra di "Rimmel" è qualcosa di strepitoso. Fatevi un regalo, recuperatelo.

domenica 28 marzo 2021

Let the Music Do the Talking

Anni fa ho aperto questo blog con l'idea di pubblicare recensioni di dischi, come quando, millenni fa, scrivevo per una webzine musicale, HardSounds.

Poi col tempo mi sono reso conto che non avrei mai potuto tenere in piedi un blog di sole recensioni. Un po' perché non sempre ho la voglia e l'ispirazione di recensire, un po' perché dai, siamo onesti, chi sono io per mettermi a giudicare e valutare dischi?

Così ho deciso di trasformare questo spazio, rendendolo una raccolta di tutti i miei sproloqui a tema musicale buttati qua e là su Facebook e su altri blog.

Spero di scriverci spesso, ma data la mia incostanza nei confronti di questo simpatico strumento che è il blog, non contateci troppo.

Rock on, guys!

P.s. sì, il titolo del post l'ho preso in prestito da un pezzo degli Aerosmith. Grazie, Aerosmith :)

venerdì 19 febbraio 2021

 "I will never, ever outgrow rock’n’roll, and I will never, ever tell my band to turn the volume down."

(Alice Cooper, 18 Febbraio 2021)

venerdì 13 novembre 2020

Alternative Musicali al Suffragio Universale #3

Torna a grande richiesta (?) la rubrica #AMASU (Alternative Musicali al Suffragio Universale)! 

Questo è uno di quei dischi talmente rock'n'roll, ma talmente rock'n'roll, da fare da solo da antidoto alle tonnellate di autotune che ci stanno tirando addosso in questi anni. Per me uno degli album più belli dell'ultimo ventennio (è del 2006), a mani basse.

Se non vi piace... dai, su, non fatemi dire cose brutte! Andate a recuperarlo, subito! 😃


martedì 7 aprile 2020

Album Belli Da Ascoltare in Clausura #9

Oggi per la rubrica #ABDAIC (Album Belli Da Ascoltare in Clausura) torno in Italia... 

"Ho Paura del Buio", disco del 2010 dei Lineamaginot, band marchigiana scioltasi troppo presto. Un bell'album che si muove tra folk, cantautorato, pop e rock.

Qui la nomina è d'obbligo per Renzo Canafoglia, cantante e autore del gruppo. 🙂